Gianluigi Susinno
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Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.
Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.
Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.
Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.
Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.
Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.
Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.
Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.
Gianluigi Susinno è nato il 3 marzo 1963 a Boudevilliers (Svizzera). Diplomato all’Istituto Europeo di Design di Milano, vive e lavora tra Ragusa e Lugano. È membro di Visarte, l’associazione professionale svizzera delle arti visive. Per diversi anni mi sono occupato prevalentemente della figura nella convinzione che il volto sia uno straordinario specchio dell’anima. Nei miei quadri ogni volto è stato colto quasi sempre in primo piano, in una sorta di intimità sospesa. I lineamenti e le espressioni hanno voluto tradurre il linguaggio segreto degli affetti, dei recessi nascosti dello spirito. Gli occhi, lo sguardo non sono mai stati muti, anche nel silenzio profondo raccontano e ogni volto è vita, è storia, è traccia delle sue gioie, delle sue sofferenze e inevitabile testimonianza del suono dell’anima, impronta inalienabile dell’anelito che lo scorre. Rivelazione di forza e fragilità, emozione e misura, sorrisi, distesa serenità ma anche malinconia, inquietudine, stupore o fastidio a riempire questi volti e il loro spirito. I colori sono quasi sempre stati quelli della terra, liquidi, trasparenti, grattati e segnati in tele dai fondi spesso ramati o dorati, in una sintesi cromatica volta ad eliminare il superfluo e a raggiungere l’essenza. Ma lo sguardo è anche sempre stato rivolto alla natura percepita e rappresentata con lo stesso intento. Uno scorcio di paesaggio, alberi, rami e foglie assoluti protagonisti di uno spazio metafisico, con la sensazione che l’attimo rappresentato non sia risolutivo nel suo mostrarsi ma che ci inviti ad immaginare oltre, in una pittura che diventava sussurrata narrazione. In anni recenti, caratterizzati da una mia sempre maggiore presenza in Sicilia e alla ricerca di un’identità ancorata nel profondo, la visione si è, usando le parole di Paolo Blendinger, come distesa, diventando nei paesaggi più astratta, ulteriormente interiorizzata, e le figure più diafane, trasparenti, distanti nella loro apparizione. È come se la scelta di avere un luogo di rifugio nella propria terra abbia portato, in quanto atto d’amore e radicamento, ad una condizione d’appagamento. Questo stato ben si rileva nella resa dell’incanto di fronte ad una campagna carica d’antica, arcaica umanità coi suoi ulivi secolari, con i campi e le colline coltivate, con l’attenzione per un’esplosiva susseguenza di colori e tocchi di un cespuglio in fiore o dei riflessi delle fronde sull’acqua, dei rami che si stagliano da un cielo bianco di luce come arabeschi fiammeggianti.